29 e 30 giugno 2013- Giornate della cultura di Rometta

Quando gli organizzatori di questa seconda edizione delle Giornate della Cultura di Rometta mi hanno chiesto di esprimere un saluto in questa giornata inaugurale della Manifestazione ed in questo luogo così significativo, come la Stazione ferroviaria di Rometta Messinese, non nascondo di essere stato preso un po’ dal panico.

Infatti, mi sono chiesto: Cosa c’entro io in tutto questo? Io non sono e non sono mai stato un ferroviere, non ho e non ho avuto una vita ferroviaria!

Poi, però, pensandoci bene mi sono detto: non è vero !

La maggior parte di noi, che siamo qui oggi, nel corso della nostra esistenza abbiamo avuto momenti di vita ferroviaria !

Quindi, anch’io!  Magari proprio a Rometta!

Così, in questi giorni, la mia memoria ha iniziato un articolato viaggio a ritroso nel tempo, fino a oltre 30 anni fa.

Erano i primi anni ’80 e Rometta Marea era molto diversa da quella attuale.

In quella Rometta di trent’anni fa, per comprare un giornale o per giocare la schedina dovevi per forza andare al Bar Meo.

Se volevi una granita o un gelato, oltre al Bar Meo, le uniche alternative a portata di bicicletta erano Midiri o La Lanterna.

Le strade asfaltate che portavano alle spiagge si contavano sulle dita di una mano, le forature settimanali alle ruote della mia bicicletta (“modello Graziella”) quelle -invece- non si contavano.

L’acqua potabile non era ancora distribuita in modo capillare e così per approvvigionarsi del bene primario n. 1 occorreva recarsi ad una delle poche fontanelle pubbliche disponibili in zona.

Ovviamente, già all’epoca nutrivo una viscerale passione per il mondo della ferrovia e -naturalmente- la mia fontanella preferita, nonostante fosse la più lontana da casa, era –indovinate un po’? – quella della stazione ferroviaria.

Da appassionato di cose ferroviarie il tempo delle mie giornate era scandito -non me ne voglia il parroco- dallo sferragliare dei convogli che transitavano lungo i binari della ferrovia piuttosto che dai rintocchi delle campane della Chiesa Madre.

Così, nelle primissime ore del mattino mi svegliavo con il ronzio dell’espresso notturno proveniente da Roma Termini e diretto a Palermo, la giornata proseguiva, intorno alle 9,30 con il transito del Peloritano per la Capitale e poi, ancora, con gli altri treni -spesso in ritardo- provenienti da Milano, Torino, Venezia, Bolzano.

La mia giornata proseguiva osservando la ferrovia, da qualunque posto fosse possibile vederla, con i suoi treni di tutti i tipi: Locali, Accelerati, Diretti, Espressi, Rapidi, Treni merci e così fino a tarda sera quando, poco prima di mezza notte, non mi mettevo a dormire senza aver assistito ad un insolito rituale: una serie di fischi e contro fischi, una comunicazione fatta di suoni tra due locomotive, una in testa l’altra in coda al treno, incaricate di condurre oltre il valico dei Peloritani, una tirando, l’altra spingendo, il lungo Espresso con letti e cuccette per Roma Termini.

Pochi treni anche trent’anni fa avevano la fermata programmata a Rometta, tuttavia molte volte, per colpa della linea a singolo binario, c’era da gestire una Coincidenza. Bisognava attendere il treno proveniente dalla direzione opposta e non importava se era un Locale, un Accelerato, un Merci o un Rapido.

Che spettacolo le Coincidenze !

Le campanelle della stazione iniziavano a suonare ansimanti, come impazzite. All’interno della cabina del capostazione era tutto un frenetico comunicare con altre stazioni limitrofe e poi tutto un susseguirsi di movimenti di leve e maniglie per assicurare ai treni incrocianti il corretto tracciato. Quando tutto era pronto, le campanelle improvvisamente tacevano e i due treni arrivavano in stazione dalle opposte direzioni, rispettivamente sul primo e sul secondo binario.

Ricordo ormai con tenerezza le tante Coincidenze a cui, da ragazzo, ho assistito nella stazione di Rometta, le ricordo soprattutto per la figura autoritaria di un capo stazione –non saprei dirvi come si chiamasse- che con il suo cappello rosso e la paletta in mano si accingeva a “dare il via libera” ai due convogli incrocianti e che, ogni volta che incontrava la mia figura sul marciapiede della stazione, con tono di benevolo rimprovero esclamava: “Ragazzino! Non si possono fotografare i treni!”

Per fortuna non ho mai preso alla lettera quel benevolo rimprovero. Se lo avessi fatto, oggi non sarei qui a rappresentare quei tanti appassionati di cose ferroviarie che con le loro fotografie, le loro collezioni di cimeli e documenti, le loro riproduzioni modellistiche, ci aiutano a tramandare il ricordo di una ferrovia che -ahimè!- non c’è più.